venerdì 29 Marzo 2024

Trivelle, in 60.000 per dire no

DSC00521Una manifestazione imponente, sentita e colorata, si è svolta ieri a Lanciano, in Abruzzo. In 60.000 hanno attraversato la città per dire “No al progetto Ombrina Mare”, al tentativo di realizzare una piattaforma petrolifera di fronte le coste abruzzesi. Con la realizzazione di nuovi pozzi a poche miglia dal nascente Parco nazionale della Costa Teatina. Le 482 adesioni di comitati, associazioni ed enti, provenienti da molti territori italiani vedono in questo piano, presentato dalla Medoilgas Italia, oggi Rockhopper, un vero è proprio pericolo per la costa adriatica.

«Nell’anno della Cop21, dove si giocherà la partita del nuovo protocollo per combattere il cambiamento climatico – ha dichiarato da Lanciano il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza – questo progetto ha una drammatica valenza simbolica per tutto il paese, e non riguarda solo l’Abruzzo. E’ in assoluto contrasto con ogni strategia che voglia lottare contro i cambiamenti climatici. Un ennesimo progetto della vecchia economia novecentesca del petrolio, che mette a rischio tutta l’economia sana della zona ed è in radicale contrasto con la costituzione del Parco della Costa Teatina, che da anni stiamo inseguendo».

Pressoché inesistenti i vantaggi economici dall’estrazione del petrolio. Gli studi presentati parlano di un greggio di pessima qualità, presente in quantità trascurabile, sufficiente a coprire a fatica lo 0,2% del consumo annuale nazionale e lo 0,001% di consumo di gas, con una ricaduta locale (in termini di royalties) equivalente all’importo di mezza tazzina di caffè all’anno per ogni abruzzese.

La maggior parte dei guadagni andrebbero, poi, ai privati, mentre i danni ambientali ricadrebbero sulla collettività. Così se da una parte va evidenziato che nei giorni scorsi il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al recepimento della direttiva 2013/30/UE sul rafforzamento delle condizioni di sicurezza ambientale delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi, dall’altra parte non si comprendono le ragioni che hanno consentito di procedere nell’operazione di estrazione. Perché è necessaria un’accurata relazione sui grandi rischi e sugli incidenti che potrebbero verificarsi, la verifica delle garanzie economiche da parte della società richiedente per coprire i costi di un eventuale incidente durante le attività, l’applicazione di tutte le misure necessarie per individuare i responsabili del risarcimento in caso di gravi conseguenze ambientali fin dal rilascio dell’autorizzazione. «Un ultimo punto importante della direttiva sull’offshore riguarda la partecipazione del pubblico – ha dichiarato Giuseppe Di Marco, presidente Legambiente Abruzzo – nel processo di autorizzazione va tenuto conto del parere dei cittadini, amministrazioni e enti dei territori interessati dalle richieste. Passaggi che a quanto pare non sono stati considerati dal governo nell’iter autorizzativo di Ombrina Mare. Mancano inoltre all’appello valutazioni sugli effetti che l’attività avrà sul mare e sulle aree protette già oggi presenti sulla costa, tra cui aree SIC che richiedono una valutazione di incidenza ambientale». Ora il segnale che proviene dal territorio è forte, sarà difficile per il governo ignorare le ragioni dei cittadini. (Michele D’Amico)

 

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