Primo Forum del Riciclo

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In soli vent’anni l’Italia è riuscita a passare dall’emergenza rifiuti alla culla della nascente economia circolare del vecchio continente. È questo il curioso destino della Penisola che ancora oggi nell’immaginario collettivo viene considerata il paese delle discariche ma che in realtà può vantare diverse esperienze consolidate di circular economy di cui tanto si parla in sede istituzionale europea. Non mancano ancora i problemi ma la situazione più in generale è cambiata e di molto come testimoniano i ben 525 comuni Rifiuti free, quelli che oltre ad essere ricicloni, hanno deciso di puntare sulla riduzione del residuo non riciclabile da avviare a smaltimento. In particolare si tratta di comuni che producono meno di 75 chilogrammi annui per abitante di rifiuto secco indifferenziato, (pari al 7% del totale nazionale), per una popolazione che sfiora i 3 milioni di cittadini. E anche le amministrazioni toscane non sono da meno: la Toscana conta 14 rifiuti free, e tra le esperienze virtuose si distingue quella dell’Empolese Valdelsa con i comuni di Empoli (50mila abitanti), Fucecchio (FI), Certaldo (FI), Montespertoli (FI), Castelfiorentino (FI), e il comune di Monsummano Terme (PT) del comprensorio economico della Valdinievole. Risultati ottenuti con ricette diverse ma con un denominatore comune: la responsabilizzazione dei cittadini attraverso una raccolta domiciliare, una comunicazione efficace e con politiche anche tariffarie che premiano il cittadino virtuoso. Perché una Italia rifiuti free è possibile. Inoltre oggi la Penisola può oggi contribuire alla discussione europea sulla definizione del pacchetto dell’economia circolare con un protagonismo impensabile fino a pochi anni fa.

Di questo si è parlato oggi nel corso della prima edizione toscana del “Forum del Riciclo”, organizzato a Firenze da Legambiente con il patrocinio della Regione Toscana e la collaborazione di Publiambiente, REVET e RIMateria. Un incontro pensato per fare il punto sulla gestione sostenibile dei flussi di materia e sul riciclo partendo proprio dalle esperienze imprenditoriali e amministrative maturate in toscana. Il Forum riciclo, che si è aperto con i saluti di Fausto Ferruzza, presidente di Legambiente Toscana e Stefano Ciafani, direttore generale di Legambiente, ha visto la partecipazione di diversi relatori tra rappresentanti istituzionali, imprese e amministrazioni. Tra i presenti ad esempio Federica Fratoni, assessore all’Ambiente della Regione Toscana, Orsola Bolognani, Ambiente Italia, Alessandro Canovai, Presidente di REVET, Valerio Caramassi, Presidente di RIMateria, Filippo Grifoni, Comitato tecnico di ANPAR e Mariarita Cecchini, responsabile commissione rifiuti Legambiente Toscana.

La sessione pomeridiana del Forum, coordinata da Federico Gasperini, direttore Legambiente Toscana e poi da Enrico Fontana, direttore de La Nuova Ecologia, ha visto confrontarsi le esperienze del mondo editoriale alle quali è seguita la tavola rotonda che ha visto la partecipazione di Renata Laura Caselli, Responsabile SPL, energia e inquinamenti, Regione Toscana, Maurizio Brotini, Segretario Cgil Toscana con delega all’ambiente e territorio, Paolo Regini, Presidente di Publiambiente, Alessandro Giunti, Assessore all’urbanistica del Comune di Prato, Marco Frey della Scuola Superiore di Studi Sant’Anna di Pisa e Fausto Ferruzza, presidente di Legambiente Toscana.

In questi ultimi anni l’Italia ha fatto importanti passi da gigante. Può contare sulle buone gestioni degli oltre 1.500 comuni ricicloni dove vivono 10 milioni di persone, premiati da Legambiente per aver superato il 65% di raccolta differenziata. Può avvalersi di impianti industriali innovativi che sono in grado di riciclare manufatti fino a ieri considerati irriciclabili come i pannolini usa e getta (l’impianto è a Spresiano, in provincia di Treviso, in un sito produttivo di Contarina, una società pubblica tra le migliori d’Italia) e le plastiche miste (fino ad oggi inviate solo a recupero energetico) o che sono in grado di produrre compost o biometano da usare al posto del gas fossile come i digestori anaerobici di ultima generazione. La Penisola è stata capace di sostituire impianti petrolchimici old style con bioraffinerie che producono bioplastiche, biolubrificanti e bioadditivi per la filiera dei pneumatici dall’olio vegetale grazie a brevetti italiani come avvenuto a Porto Torres in Sardegna. O di inaugurare bioraffinerie per produrre bioetanolo di seconda generazione da scarti agricoli o biomasse lignocellulosiche per evitare di fare lo stesso utilizzando prodotti agricoli a destinazione alimentare, come fatto a Crescentino (Vc).

Legambiente ha poi ricordato che l’Italia sa fare meglio di altri Paese, anche rispetto alla tanto decantata Germania, come nella rigenerazione di un rifiuto pericoloso come l’olio minerale usato, nel sistema di gestione dei rifiuti degli pneumatici fuori uso, nella messa al bando dei sacchetti di plastica tradizionale sostituiti da sporte riutilizzabili e da shopper in bioplastica compostabile (strategia poi ripresa nella recente direttiva europea sul tema), nella riprogettazione delle cialde per il caffè che da irriciclabili sono diventate compostabili.

“Le esperienze virtuose messe in campo –  ha dichiarato Stefano Ciafani, direttore generale di Legambiente – dimostrano che l’economia circolare è già in parte in atto nel nostro Paese, che tra l’altro può vantare un primato impensabile fino a pochi anni fa: oltre ad essere culla della nascente economia circolare, è diventata anche un esempio virtuoso in Europa su diversi fronti. Ora la vera sfida è quella di rendere tutta l’Italia libera dai rifiuti, ma per realizzare questo sogno, sempre più concreto, è fondamentale che anche la politica faccia la sua parte dicendo prima di tutto no ai nuovi inceneritori e avviando una graduale dismissione a partire dagli impianti più obsoleti, promuovendo il nuovo recupero energetico dai rifiuti organici attraverso la digestione anaerobica per produrre biometano. Ed ancora introducendo una sistema di tarrifazione puntuale su larga scala, replicando le buone pratiche su tutto il territorio e definendo un nuovo sistema di incentivi e disincentivi per far in modo che la prevenzione e il riciclo siano sempre più convenienti di discariche e inceneritori”.

“Il Forum del Riciclo di Firenze – ha dichiarato Fausto Ferruzza, presidente di Legambiente Toscana – ha avuto un grande successo e registrato una grande partecipazione. Siamo convinti  che per incentivare la diffusione dell’economia circolare e delle esperienze virtuose del riciclo, già in parte in atto nel Paese, occorra come prima misuraaiutare il decisore pubblico a promuovere e incentivare le filiere industriali del post raccolta, ma anche favorire un maggiore chiarezza nell’interpretazione delle norme rispetto a cosa è rifiuto e cosa è rifiuto pericoloso. Infine è fondamentale sviluppare un maggior confronto e collaborazione tra il mondo della ricerca scientifica e quello del management industriale affinché gli imprenditori abbiano il coraggio di investire in questo settore”.

La scommessa dell’economia circolare – Contrariamente a quanto avviene in un sistema di economia lineare, in cui terminato il consumo termina anche il ciclo del prodotto che diventa rifiuto, l’economia circolare attiva un processo di autogenerazione in cui tutte le attività, a partire dall’estrazione delle materie prime e dalla produzione, sono organizzate in modo che i rifiuti di qualcuno diventino risorse per qualcun’altro. Oggi l’Europa sta discutendo di un pacchetto di misure per promuovere l’economia circolare per rottamare le discariche, ridurre il recupero energetico, fermare lo spreco alimentare, allungare la vita ai prodotti facendo la guerra all’obsolescenza programmata. Si tratta di una delle sfide più importanti per l’economia europea, a pari di altre misure prese nel passato come il pacchetto 20-20-20 su energia e clima o la normativa Reach sulle sostanze chimiche pericolose.  L’Italia può ambire a guidare il processo di approvazione non solo perché il relatore del provvedimento è un europarlamentare italiana, l’on. Simona Bonafè, ma proprio perché può fare tesoro delle esperienze già mature e del know how nostrano. Basta dimostrare la volontà politica di farlo anche nelle scelte fatte sul territorio nazionale replicando le esperienze di successo già praticate.

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