Cinque Terre, serve razionalizzare i flussi

Le Cinque Terre negli anni scorsi avevano lanciato al mondo, efficacemente, il proprio segnale di bellezza: i borghi, il confine scosceso fra terra e mare, i terrazzamenti, il vino. Ciò che quel loro messaggio non precisava (ma avrebbe potuto? La domanda non è retorica) era la estrema fragilità di quella bellezza, confermata poi dalla terribile alluvione del 2011 e, subito dopo, dalla frana e dalla chiusura della via dell’Amore. Per capire quale sia l’orgoglio e la forza di queste popolazioni, basta guardare come abbiano riportato alla luce, in pochi mesi, ciò che a Vernazza e a Monterosso al Mare sembrava coperto ormai per sempre dal fango. Resta però la fragilità e, con quella, il numero sempre più alto di persone che raggiunge i cinque borghi liguri anche solo per una tappa veloce, per una raffica di selfie, per una gita nelle poche ore di sosta della nave nel porto della Spezia.

La prima criticità è quella del trasporto, in un luogo raggiungibile soprattutto con la ferrovia: è dall’estate del 2013 che il Parco Nazionale rivendica la necessità di un servizio di treni rafforzato, o addirittura dedicato, per le Cinque Terre. Si tratta della sicurezza, messa a rischio dall’afflusso concentrato di turisti nelle stazioni del Parco: piccoli marciapiedi affollati dai passeggeri (a volte quelli di due treni diretti in senso opposto), turisti in salita e in discesa dalle vetture, gruppi numerosi di visitatori agli ordini di guide in affanno,  persone costrette da spazi angusti e dai tempi serrati della nave da crociera, esposte alla microcriminalità e al violento spostamento d’aria dei treni che passano velocemente, costipate in fila indiana negli stretti sottopassaggi delle stazioni. E poi i treni in ritardo congenito o soppressi: non si capisce come possa godersi, in tutto questo, la bellezza indescrivibile dei luoghi.

Durante la stagione estiva il Parco spende molte risorse per gestire al meglio la sicurezza, rafforzando l’azione del Corpo Forestale, dei Vigili del Fuoco, della Capitaneria di Porto e mettendo in campo volontari dell’Associazione Carabinieri, degli Alpini, della Pubblica assistenza, del Soccorso Alpino. Ma tutto ciò può non bastare se i flussi di massa sono incontrollati e un eventuale incidente – oltre al dolore – produrrebbe effetti sul turismo, quelli sì, difficili da cancellare. Troppo spesso, infatti, s’interviene con gli strumenti delle emergenze e della straordinarietà, quando il danno è già inferto. C’è invece da intraprendere il coraggio dell’ordinario usando la forza della misura giusta al momento giusto.

C’entra la sicurezza, dunque, ma anche la cultura della sostenibilità: ciò che accade nelle stazioni del Parco è, infatti, l’esito di un turismo alimentato senza alcun criterio selettivo, a vantaggio di pochi e a danno soprattutto dei residenti che, per i propri spostamenti, hanno soltanto il treno e, per spazio di vita e socialità, il proprio piccolissimo borgo.

Non potendo trattenere l’altro turismo, il Parco Nazionale ne ha avviato uno parallelo, quello per esempio dello Sciacchetrail, del Parco letterario Montale, del Festival Glocal di Monterosso, del Presepe di Manarola, delle visite alle cantine, del Centro di educazione ambientale: un turismo tendenzialmente destagionalizzato anche se, da novembre a marzo, gustare un caffè o ordinare un piatto di pasta è impossibile per l’assenza quasi completa, nelle Cinque Terre, di bar e ristoranti aperti.  

È ormai tempo, dunque, di fare un passo avanti. Il turismo non può e non deve essere subìto, non è una manna da mettere in tasca una volta per tutte. Esso è anzi umorale, esposto alle emozioni e alle notizie, anche più della borsa. Se si vuole davvero salvaguardarlo, non va accolto come una rendita eterna, soprattutto in un territorio così piccolo e  fragile come il nostro. Vanno dunque costruite e ben governate strutture che conservino nel tempo il patrimonio culturale e ambientale e insieme la qualità dell’accoglienza, valorizzando i territori (tutti, anch’essi, irripetibili) collocati non lontano da quelli (Firenze, Venezia, le Cinque Terre) che hanno già conquistato un’immagine internazionale.

Il Parco Nazionale delle Cinque Terre ha segnalato a istituzioni e operatori del settore l’urgente necessità di un progetto condiviso per migliorare l’accoglienza fin dai punti nevralgici di partenza dei flussi turistici, in linea con i dettami della Carta europea per il turismo sostenibile appena conseguita dal Parco, del previsto Piano di gestione Unesco, del Marchio di qualità ambientale. Sistemi razionali di gestione non deprimono il turismo, piuttosto ne aumentano l’appeal e istituiscono anzi un patto virtuoso fra visitatore ed ospite che eleva la qualità dell’accoglienza, rendendo il visitatore più riconoscibile ed obbligando il residente a una maggiore attenzione verso il proprio territorio. Non è vero, inoltre, che aprano necessariamente la strada a chi ha più soldi o a chi arriva prima, perché la gestione dei flussi può privilegiare, fra i “turismi”, il più stanziale, quello degli studenti, delle famiglie, della visita più consapevole.

Sbaglia, insomma, chi crede che con le proprie proposte il Parco Nazionale abbia aperto le ostilità contro i turisti. Sono infatti proprio loro, insieme ai residenti, a pagare l’alto costo degli arrivi di massa. Si vorrebbe, invece, accoglierli come in casa nostra dove, prima che arrivino gli ospiti, andiamo a contare le sedie e pensiamo come poter offrire il meglio. Le centrali del turismo e le loro diramazioni confezionano attualmente un prodotto che, per primi, proprio ai turisti nega la bellezza delle Cinque Terre e la serenità della loro permanenza. A questa irrazionale ricerca di profitto si uniscono rivoli di cattive pratiche: i gruppi troppi numerosi, le guide abusive, l’offerta squalificata. È soltanto il territorio, non altri, che deve decidere come e quanto accogliere in funzione degli spazi disponibili, delle possibilità di gestione dei rifiuti, del carico sopportabile dai sentieri e della sostenibilità in generale, aprendo, nel frattempo, le opportunità della destagionalizzazione e della qualità (non è questione di prezzi al pubblico ma di qualità, appunto).

Chiediamo che quelle centrali vengano a confrontarsi con noi, piuttosto che metterci in vendita. Non per il gusto di imporci, ma perché abbiamo a cuore la sicurezza, la bellezza dei luoghi e i turisti tutti.  

 

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