Oggi in Europa sono coltivati circa 30mila ettari, di cui oltre 10mila in Francia. La canapa industriale è soggetta ad alcune restrizioni e tra queste c’è l’obbligo di coltivare varietà certificate con un tasso di Thc inferiore allo 0,2%. Ogni Stato membro è libero nel deciderne gli utilizzi. In Italia siamo sui 3mila (un piccolo boom: 5 anni fa erano poche centinaia) ma niente in confronto agli anni ’30 quando si erano toccati i 90mila ettari. Negli anni dell’oscurantismo, si è perso il patrimonio di sementi autoctone e l’Italia dipende dall’estero e in particolare dalla Francia. Risorse dovrebbero essere destinate al recupero di queste varietà calibrate sui diversi microclimi, dal Sud al Nord, e grazie alle sperimentazioni del Consiglio per la ricerca in Agricoltura oggi si dispone di semi in grado di superare problematiche che sinora hanno rallentato il rilancio della filiera.
IL THC E IL CBD, TRA I PRINCIPI ATTIVI DEL FIORE. Le inflorescenze della canapa contengono molti principi attivi. Il THC (tetraidrocannabinolo) è il principio attivo responsabile delle proprietà psicoattive della cannabis oltreché di alcune sue proprietà terapeutiche. Anche il CBD (cannabidiolo), che non dà effetti stupefacenti, ha numerose e dimostrate proprietà terapeutiche. La produzione nazionale di sostanze e preparazioni a base di Thc e Cbd è svolta dallo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze.
LA PIANTA DAI MILLE E UNO USI. Ogni parte della pianta ha i suoi utilizzi: il fiore (birre, tisane, oli essenziali o medicine), il seme (olio e farina con cui si producono alimenti o cosmetici e saponi), gli steli (da cui derivano sia la fibra per tessuti, filati, corde, componenti per auto, pannelli isolanti e carta; sia il canapulo usato in bioedilizia per fare pannelli e mattoni ma anche imballaggi, pellet e materie plastiche interamente organiche).
(info da Cnr, ministero Agricoltura, Crea, dossier Camera deputati, EIHA).