martedì 16 Aprile 2024

Maggio 2015

Nella Nuova Ecologia di maggio, volti e numeri della Green corruption: grandi opere, gestione dei rifiuti, enogastronomia, la nuova tangentopoli scommette sull’ambiente.

E poi uno Speciale Expo sull’agricoltura che vogliamo, un’inchiesta sulle spiagge mangiate e il punto sulla sostenibilità dei prodotti tessili.

Grandi opere, gestione dei rifiuti, enogastronomia, senza risparmiare la ricostruzione post terremoto: la nuova tangentopoli scommette sull’ambiente. Storie e numeri di questa green corruption sono in primo piano nel numero di maggio della Nuova Ecologia, il mensile di Legambiente, che racconta come gli appalti pubblici nel settore dell’ambiente siano fra quelli più a rischio corruzione e criminalità organizzata. Parola di Raffaele Cantoni , presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, intervistato da Toni Mira. Dai costi esorbitanti della Pedemontana in Lombardia alle tangenti per la metanizzazione di Ischia o per la costruzione del Mose, il fenomeno in cifre – anticipando i dati di Ecomafia 2015 in uscita a giugno – si può riassumere così: 60 miliardi il valore annuale della corruzione in Italia secondo la Corte dei conti, un terzo degli appalti pubblici risultati irregolari ai finanzieri, 210 operazioni sui meccanismi di assegnazione degli appalti pubblici compiute lo scorso anno dalla Guardia di Finanza, sessantanovesima la posizione dell’Italia nell’indice di percezione della corruzione di Transparency, l’organizzazione internazionale che monitora la corruzione.

Lo speciale della Nuova Ecologia è invece dedicato all’Expo di Milano, “Nutrire il pianeta”, che ha aperto i battenti il primo maggio. Un’occasione da non perdere, secondo Legambiente, per interrogarsi seriamente sulle politiche alimentari del XXI secolo: perché chiedersi quanto cibo saremo in grado di produrre per il futuro del pianeta non ha senso senza domandarsi anche quale cibo proponiamo per la salute delle persone e degli ecosistemi. Un recente studio della Fao, valutando al 2050 gli impatti dei metodi agricoli convenzionali attuali al giunge alla conclusione che gli attuali metodi agricoli, di cui vengono valutati gli impatti al 2050, provocherebbero un degrado accelerato di tutti i principali parametri ambientali da cui dipende la vita umana sul pianeta. Legambiente, con il progetto Conversione punta a fare in modo che le superfici coltivate a biologico in Italia raddoppino entro i prossimi 5 anni. E’ presente all’Expo nella Cascina Triulza, dove intende portare il suo modello di “Nuova agricoltura” tramite la presenza di “ambasciatori del territorio”: coltivatori, aziende agricole, cooperative che curano gli ecosistemi naturali e la qualità del cibo.

Segue un’inchiesta sulle “coste malate” e le cause antropiche dell’erosione: opere a mare inutili e sbagliate dell’urbanizzazione dei litorali e prelievo d’inerti nei fiumi. Circa il 42% delle coste basse italiane, infatti, è in erosione, nonostante molti tratti siano difesi da scogliere di vario tipo. Anzi talvolta proprio queste hanno contribuito all’espansione del fenomeno. La Nuova Ecologia prende in esame diverse storie dal litorale di Pescara a quello di Ispica in provincia di Ragusa e al Golfo di Salerno ma anche il buon esito degli interventi a difesa dell’Ombrone nel Parco della Maremma.

La sezione Vivere meglio è dedicata all’abito sostenibile. Argomento complesso, perché la sostenibilità dei prodotti tessili va riferita a diversi ambiti: le materie prime (che devono essere certificate), la creazione e la produzione dei filati e dei tessuti, la tintura e il fissaggio del colore (attività che possono arrivare a consumare l’85% dell’acqua necessaria all’intero ciclo produttivo, il 75% dell’energia e il 65% dei prodotti chimici). Coltivazioni tracciabili, sostanze naturali, produzione e distribuzione senza sprechi sono i principi affermati nel “Manifesto della sostenibilità per la moda italiana”, promosso nel 2012 dalla Camera nazionale della moda per tracciare le linee guida di una gestione responsabile della catena di produzione del comparto moda. Numerosi tentativi di certificazione, nazionali e internazionali, ci aiutano oggi a capire che cosa stiamo acquistando, ma nelle maggior parte dei casi garantiscono solo alcune fasi del ciclo di vita del prodotto. Uno standard di qualità unico e universale ancora non esiste.

 

Roma, 11 maggio 2015                                                                                              Comunicato stampa

L’ufficio stampa Legambiente 06 86268399 – 76 – 53

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