Kurdistan sotto assedio

Costruzione di un impianto idroelettrico e una diga sul fiume Tigri, vicino la città curda di Hasankeyf
Costruzione di un impianto idroelettrico e una diga sul fiume Tigri, vicino la città curda di Hasankeyf

di ANDREA GIARDINA

Il territorio abitato dal popolo curdo si trova a cavallo tra i confini di Iran, Siria, Iraq e Turchia, e solo la parte iraniana non è stata coinvolta nei conflitti legati alla guerra civile siriana e all’avanzata dello Stato islamico. La regione del Kurdistan che si trova in Turchia, il Bakur, è la più grande e popolosa, ospitando circa venti milioni di persone. È in questa regione che opera il Mezopotamya Ekoloji Hareketi (Movimento ecologico della Mesopotamia), nato per denunciare i danni ambientali derivati dallo sviluppo industriale della regione, e in seguito dalle operazioni belliche ancora in corso.

«Il movimento è nato nel 2012, in forma di network – spiega Ercan Ayboga, del direttivo nazionale del Movimento ecologico della Mesopotamia – Volevamo creare un coordinamento per tutto il Bakur, che segnalasse le situazioni critiche in tutta la regione. Nel 2014 però abbiamo cominciato a costruire comitati locali e ora ogni provincia del Kurdistan turco ha un proprio gruppo di ambientalisti organizzati». I problemi ecologici legati allo sviluppo e allo sfruttamento di suolo hanno radici ben più antiche: a partire dagli anni ‘70 i governi turchi hanno cominciato una sistematica sottrazione delle risorse idriche ed energetiche, costruendo dighe, impianti industriali e pozzi petroliferi. «La carenza d’acqua e gli ecomostri che stanno costruendo lungo il Tigri sono uno dei problemi più pressanti per il popolo curdo – continua Ayboga – Inoltre la zona pianeggiante del Bakur, che è sempre stata adibita a coltivazioni e pascoli, è stata devastata dal proliferare di industrie inquinanti e dall’eccessivo inurbamento». Il movimento si limita a azioni legali e di denuncia. È ancora Ayboga a raccontare che «il governo turco è molto repressivo, oltre a documentare i disastri ambientali, possiamo tentare di ricorrere alle istituzioni locali, ma al massimo si riesce a ritardare un progetto. Se tentassimo azioni dirette ci scontreremmo con i militari»

Le criticità ecologiche che affliggono il Bakur sono oggi aggravate dalle conseguenze del conflitto cominciato nell’autunno 2015, quando il governo turco ha posto fine unilateralmente alla tregua con il Pkk e le altre organizzazioni paramilitari curde. «Il conflitto in corso ha causato la morte degli animali da allevamento, compromesso le fonti idriche e il suolo coltivabile – denuncia l’ambientalista – Nelle città bombardate le fonti d’acqua presentano tracce di agenti chimici a causa dell’uso indiscriminato di lacrimogeni e armi chimiche. Gli animali muoiono perché uccisi dai bombardamenti, o perché abbandonati dai padroni in fuga. Infine le operazioni militari hanno coinvolto le più grandi foreste del Kurdistan, che sono state bruciate dall’esercito a caccia di guerriglieri, distruggendo così gran parte della biodiversità della regione».

L'impoverimento delle risorse idriche nel Kurdistan è determinato dalla costruzione di dighe lungo il Tigri e l'Eufrate, che hanno sottratto risorse alla regione a favore di quelle turche più a nord
L’impoverimento delle risorse idriche nel Kurdistan è determinato dalla costruzione di dighe lungo il Tigri e l’Eufrate, che hanno sottratto risorse alla regione a favore di quelle turche più a nord

A causa del conflitto le economie locali sono in ginocchio, nelle operazioni militari sono infatti state coinvolte tutte le principali città dell’area. «Queste persone non possono recarsi nei loro terreni agricoli e prendere il raccolto». I prodotti pronti per la mietitura restano così a marcire, e spesso sono contaminati o bruciati a causa degli scontri armati. Oltre che con le conseguenze ambientali, gli attivisti si scontrano con gli ostacoli posti dal governo: «I militanti del movimento – spiega Ayboga – sono stati ostacolati da parte dell’esercito turco quando tentavano di raggiungere le zone colpite per cercare di spegnere gli incendi nelle foreste, mentre le istituzioni governative responsabili non hanno fatto nulla per fermare i disastri. E questa è solo una delle forme di repressione che abbiamo subito…».

Il Mezopotamya Ekoloji Hareketi si considera parte di un unico grande movimento per l’indipendenza del popolo curdo, per il portavoce del Movimento «è figlio della lotta indipendentista, e fratello del movimento per la liberazione delle donne, del movimento democratico dei popoli, e del movimento per la ricostruzione delle città distrutte. Siamo cresciuti negli ultimi dieci anni, ma ci consideriamo tutti parte di un’unica grande battaglia».

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