Trasporto su ferro, l’Italia dimentica il Sud. Treni vecchi e lenti

I dati del report Pendolaria di Legambiente. L’età media dei convogli è di 18 anni rispetto ai 14 del nord. Quattro delle 12 linee peggiori ferroviarie si trovano nel Mezzogiorno. Ancora troppi pochi i fondi stanziati, mentre il Governo pensa al Ponte sullo Stretto

In Italia i servizi ferroviari regionali e il trasporto pubblico sono un tema del tutto secondario, insieme al Mezzogiorno e ai finanziamenti ad oggi insufficienti. Intanto, mentre il numero dei viaggiatori torna a salire, il governo Meloni risponde con tagli e rimodulazioni. Nell’ultima legge di bilancio, approvata lo scorso dicembre, per la prima volta dal 2017 non sono stati neanche previsti fondi per il trasporto rapido legato a metro, tramvie, e filovie, così come per la ciclabilità e la mobilità dolce.

È quanto denuncia Legambiente con il nuovo report di Pendolaria, presentato oggi a Reggio Calabria nell’ambito della campagna Clean cities, che racconta in sintesi di un Paese caratterizzato da nodi irrisolti tra ritardi, convogli vecchi e lenti, e un divario sempre più forte tra nord e sud su qualità e quantità del trasporto su ferro. Grande dimenticato è il Mezzogiorno: qui le corse dei treni regionali e l’età media dei convogli sono ancora distanti dai livelli del resto d’Italia. Al Sud i treni sono più vecchi, l’età media dei convogli è di 18,1 anni, in calo rispetto a 19,2 anni del 2020 e dei 18,5 del 2021, ma ancora molto lontana dai 14,6 anni del nord. Due i casi record di “anzianità” dei parchi rotabili: in Molise l’età media è di 22,6 anni, in Calabria 21,4 anni.

Quattro delle dodici linee ferroviarie peggiori, segnalate da Legambiente nel 2024, si concentrano al Sud, tra conferme e nuovi ingressi: le ex linee circumvesuviane (142 km, ripartiti su 6 linee e 96 stazioni, che si sviluppano intorno al Vesuvio, sia lungo la direttrice costiera verso Sorrento, sia sul versante interno alle pendici del Monte Somma, fino a raggiungere Nola, Baiano e l’Agro nocerino sarnese), la linea Catania- Caltagirone-Gela, e come new entry la linea Jonica che collega Taranto e Reggio Calabria, la linea adriatica nel tratto pugliese Barletta-Trani-Bari.

Altra nota dolente, riguarda le linee ferrovie chiuse e sospese ormai da anni: come quella della Palermo-Trapani via Milo (chiusa dal 2013 a causa di alcuni smottamenti di terreno), della Caltagirone-Gela (chiusa a causa del crollo del Ponte Carbone l’8 maggio 2011) o quelle delle linee a scartamento ridotto che da Gioia Tauro portano a Palmi e a Cinquefrondi in Calabria, il cui servizio è sospeso da 11 anni e dove non vi è alcun progetto concreto di riattivazione. In Sicilia sono 1.267 i km di linee a binario unico, l’85% del totale di 1.490 km, mentre non sono elettrificati 689 km, pari al 46,2% del totale. Imbarazzanti i tempi di percorrenza: ad esempio per andare da Trapani a Ragusa ci si impiegano 13 ore e 14 minuti, cambiando 4 treni regionali. In tutto ciò il dibattito pubblico e le risorse economiche per risolvere i problemi di mobilità del Mezzogiorno sembrano ruotare attorno alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina con una spesa complessiva autorizzata di 11,63 miliardi di euro, suddivisi in 9 anni. Un’opera definita più volte da Legambiente inutile e insensata e dal forte impatto ambientale e paesaggistico.

Per questo l’associazione ambientalista lancia oggi da Reggio Calabria e Messina, dove si presenta Pendolaria con un doppio appuntamento (quello del pomeriggio sarà a Messina), un appello al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Matteo Salvini: “il tema dei pendolari e del trasporto su ferro diventi una priorità. Il Sud, a partire dalla Calabria e dalla Sicilia, non ha bisogno del Ponte sullo stretto di Messina, ma di potenziare le linee ferroviarie con nuovi treni, di puntare su elettrificazione e collegamenti più veloci via terra, di migliorare il trasporto via nave con l’acquisto dei traghetti Ro-Ro (Roll-on/Roll-off) e convertire le flotte attuali in traghetti elettrici”.

“Bisogna – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – invertire la rotta e puntare su importanti investimenti per il nostro Paese, a partire dal Mezzogiorno, finanziando le prioritarie infrastrutture: nuove linee ferroviarie a doppio binario ed elettrificate, treni moderni, veloci, interconnessioni tra i vari mezzi di trasporto e con la mobilità dolce, garantendo accessibilità e uno spostamento dignitoso e civile. Il Governo Meloni non rincorra inutili opere come il Ponte sullo Stretto di Messina, ma pensi ai reali problemi di mobilità del Sud Italia e dell’intero Paese. Oggi la vera sfida da realizzare al 2030 è quella di un cambiamento profondo della mobilità nella direzione della decarbonizzazione e del recupero di ritardi e disuguaglianze territoriali”.

“In Calabria e in Sicilia – dichiarano Anna Parretta, presidente Legambiente Calabria e Tommaso Castronovo presidente Legambiente Sicilia– si continua a viaggiare ed a spostarsi quasi come trenta anni fa. Il rapporto Pendolaria mette in luce il persistente divario infrastrutturale tra il Sud ed il Nord del Paese: circolano meno treni, i convogli sono mediamente più vecchi e si muovono su linee in larga parte a binario unico e non elettrificate con tempi di percorrenza che li rendono poco competitivi rispetto al trasporto su gomma. In Calabria ed in Sicilia servono collegamenti più sicuri e frequenti con l’adeguamento delle linee anche ai fini dell’alta velocità, treni tecnologicamente avanzati, stazioni rinnovate ed accoglienti. Quello di cui abbiamo bisogno è il triplo degli investimenti programmati, già da diversi anni, per migliorare ed ampliare l’offerta del servizio e il materiale rotabile oltre ad informazioni puntuali nel rispetto dei diritti dei passeggeri. Il Ponte sullo stretto oltre ad essere un’opera inutile, che drena ingenti risorse pubbliche e non risponde alle vere priorità di Calabria e Sicilia, è anche pericolosa perché sarebbe costruito in una zona ad alto rischio geotettonico e sismico e, sotto il profilo ambientale, metterebbe a rischio la conservazione di ambienti marini, costieri ed umidi di eccezionale bellezza”.

Scenario al 2030

Per Legambiente se davvero l’Italia vuole rispettare gli obiettivi del Green Deal europeo, del taglio delle emissioni del 55% entro il 2030 e al loro azzeramento entro il 2050, sarà necessario fino al 2030 prevedere nuovi finanziamenti pari a 500 milioni l’anno per rafforzare il servizio ferroviario regionale con l’acquisto e il revamping dei treni; 200 milioni l’anno per migliorare il servizio Intercity o l’aumento di almeno 1 miliardo del Fondo Nazionale Trasporti (che finanzia il trasporto su ferro e quello su gomma). Si tratta di una spesa alla portata del Paese attraverso un’attenta programmazione di finanziamenti europei, italiani e regionali. Le risorse si possono recuperare dai sussidi alle fonti fossili e inquinanti, oltre che ripensando a progetti stradali e autostradali dannosi per l’ambiente e per l’economia.

Le 12 linee peggiori

Tornando al report e alle 12 linee ferroviarie peggiori 2024, oltre alle quattro del Meridione (ex linee circumvesuviane, la linea Catania- Caltagirone-Gela, la linea Jonica, la tratta Barletta-Trani-Bari), ci sono anche: la Roma-Lido, la Roma Nord, la Milano-Mortara, la Genova-Acqui-Asti (che vede ancora 46 km di binario unico sui 63 totali), la Verona-Rovigo, e come new entry la Ravenna-Bologna, la Pinerolo-Torino (linea tra le piemontesi con il maggior numero di utenti all’anno, è al tempo quella che registra ritardi e soppressioni a livello di servizio ferroviario metropolitano) e il suo proseguimento Pinerolo-Torre Pellice la cui riattivazione del servizio, sospeso nel 2012, era incluso nel contratto per il servizio ferroviario metropolitano siglato dalla Regione e RFI nel 2019, ma la procedura è ancora ferma alla fase progettuale; la Grosseto-Siena dove permangono ancora rallentamenti e disagi per i viaggiatori.

La beffa dei tagli al PNRR

Nel 2023 il PNRR, che prevedeva ampi interventi sulle ferrovie, è stato rimodulato. 620 milioni per velocizzare il corridoio Roma-Pescara sono stati bloccati dalle lungaggini dell’iter amministrativo; l’intervento sul segnalamento ferroviario Ertms, il sistema di sicurezza per le ferrovie di ultima generazione, è saltato per la mancanza delle materie prime; la Palermo-Catania non sarebbe rientrata in tempo per il completamento degli interventi nel 2026, ed è stata quindi rimodulata. In totale, sul sistema di AV/AC al sud, 840 milioni di tagli: Orsara-Bovino (linea Napoli-Bari) per 53 milioni, Caltanissetta Xirbi-Lercara (linea Palermo-Catania) per 470 milioni, Enna-Caltanissetta Xirbi (linea Palermo- Catania) per 317 milioni. Per non depredare il sistema ferroviario delle molte risorse necessarie, la Orte-Falconara e la Metaponto-Potenza, oltre ad altre tratte regionali, sono state incluse nei nuovi interventi previsti. Ridotti di un terzo i nuovi treni a idrogeno in acquisto: da 150 a 50.

Buone notizie

Una buona notizia per il Sud arriva dalla linea Bari-Bitritto, un progetto che risale al 1986 e l’inizio dei lavori al 1989. L’affidamento del servizio ferroviario, benché in ritardo rispetto all’inaugurazione prevista per settembre 2023, è avvenuto ma scadenzato. Legambiente auspica che il servizio sia presto potenziato fino a raggiungere pieni standard da metropolitana ferroviaria. Tra le altre buone notizie, continua il trend di ripresa del numero dei viaggiatori al giorno, anche se per il 2022, dai dati raccolti su base regionale, siamo ancora a circa il 25% in meno rispetto al 2019. Per il 2023 Trenitalia ha dichiarato, per i Frecciarossa, un +7% rispetto al 2019, per gli Intercity +10% rispetto al 2019, e per il trasporto regionale +18% sempre rispetto al 2019. Continua anche il piano di elettrificazioni di RFI, con l’ultima tratta realizzata, in ordine di tempo, la Roccaravindola-Isernia in Molise e la previsione di attivare circa 1.200 km di linea entro il 2026 e 54,6 km oltre il 2026, per un investimento complessivo che supera i 2 miliardi di euro.

Speranze per il futuro

Buone pratiche arrivano dal Trentino-Alto Adige, Piemonte, Emilia-Romagna e Basilicata. Si va ad esempio dall’Alto Adige Pass – una carta elettronica che ha una durata di 365 giorni, valida su tutti i mezzi di trasporto pubblico e con un tetto massimo di spesa di 640 euro – alla riapertura delle linee Casale-Mortara e Asti-Alba, della nuova stazione Ferrovie Appulo Lucane ad Avigliano (PZ) per arrivare al progetto “Mi muovo in Emilia-Romagna” con biglietti e abbonamenti a integrazione tariffaria su scala regionale.

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