venerdì 29 Marzo 2024

Capire il Belpaese

L’Italia si presenta nel 2015 con solide basi per avviare una ripresa “verde” dell’economia e dei consumi. Nel corso della recessione, anche se per ragioni in gran parte estranee a una visione strategica sia della politica che dei principali attori economici, gli elementi di efficienza e sostenibilità ambientali si sono irrobustiti. L’economia e la società italiana – e quindi anche gli italiani come cittadini e consumatori – hanno gestito in maniera più efficiente le risorse, hanno consumato meno energia, prodotto più energia da fonti rinnovabili e riciclato più rifiuti, hanno trasformato stili di consumo in un senso più sostenibile. A differenza di altri paesi ciò non è avvenuto per una scelta deliberata. Ma è ugualmente avvenuto. (…)

Meno materia

L’economia italiana ha compiuto, sia pure quasi inconsapevolmente, una conversione ecologica profonda proprio nel corso della lunga recessione. Uno degli indicatori chiave del progresso verso la “dematerializzazione” dell’economia e verso l’efficienza nell’uso delle risorse – quello che consente un progresso del benessere senza crescita di prelievi e danni ambientali – è il consumo interno di materia per unità di Pil. Cioè la quantità di tutti i materiali usati direttamente o trasformati, importati e esportati per la produzione di una unità di reddito, ad esempio un milione di euro di Pil. È un indicatore sintetico ma potente del grado di ecoefficienza di una economia. In Europa tra il 2004 e il 2013 il consumo di materia si è ridotto in valore assoluto del 15% e in termini di produttività delle risorse (misurata in euro di Pil per chilogrammo di materia consumata) vi è stato un miglioramento del 25%. Questo miglioramento ha interessato la gran parte dei paesi europei. Ma è in Italia che i progressi sono tra i più vistosi dell’intera Unione Europea: il consumo assoluto è diminuito del 32% (sono 255 milioni di tonnellate di materiali in meno all’anno estratti dal pianeta) e la produttività delle risorse è cresciuta ben del 40%. Ciò che ha inciso per l’Italia è stato soprattutto la riduzione dei consumi energetici, dei consumi di metalli (anche per effetto di un maggior riciclo) e dell’attività edilizia.

Efficienza di ritorno

Nel 2013 i consumi lordi di energia primaria sono scesi a 173 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, l’1,9% in meno rispetto al 2012, un valore analogo a quello di metà degli anni ‘90. Per il 2014 i dati disponibili segnalano una ulteriore contrazione (-3% i consumi elettrici, -4,4% i consumi petroliferi), su cui influiscono i minori volumi produttivi, la maggiore efficienza dei consumi finali e fattori climatici favorevoli (mentre sembrano stazionari i consumi di carburanti per auto). Oltre alla riduzione dei consumi è però proseguito anche il cambiamento nella tipologia di combustibili, con una forte contrazione dei consumi petroliferi e di gas e una crescita delle fonti rinnovabili che hanno determinato una sostanziale “decarbonizzazione” dei consumi energetici nazionali. La riduzione dei consumi non è figlia solo della recessione. L’evidenza più interessante è che proprio negli anni della recessione si è consolidata la crescita delle rinnovabili ed è tornata a migliorare l’efficienza energetica dei processi di produzione e di consumo. L’intensità energetica dell’economia italiana resta ferma tra il 1990 e il 2006 mentre migliora velocemente tra il 2006 e il 2013 (scendendo dell’8%).

(…)

Potenza rinnovabile

Nel 2014 invece, ha fortemente rallentato la crescita delle fonti rinnovabili, che pure continuano a crescere sia in termini assoluti che come quota sul totale della produzione energetica. Mentre tra il 2008 e il 2013 la produzione di energia da fonti rinnovabili raddoppia (da 17 a 33,8 milioni di tep), con un eccezionale incremento delle rinnovabili diverse dal tradizionale idroelettrico e geotermico: le rinnovabili termiche più che raddoppiano (pur restando ancora solo il 25% del totale delle rinnovabili, principalmente per l’impiego di legname), mentre il fotovoltaico italiano centuplica e diventa il terzo a livello mondiale passando da 190 a 21.000 GWh, l’eolico quasi triplica passando da 4.900 a 14.800 GWh, più che raddoppia la produzione da biomasse e rifiuti (da 6.000 a 17.000 GWh). Tra il 2013 e il 2014 – per l’effetto congiunto della riduzione degli incentivi e di una bassa domanda – si è invece fermata la crescita delle rinnovabili e in particolare le nuove installazioni. In termini di produzione elettrica è ancora cresciuto il fotovoltaico (+10%), mentre è rimasta stabile la produzione eolica. Nel 2014, in ogni caso, il 44% della produzione nazionale di energia elettrica deriva da fonti rinnovabili (102.000 GWh da idroelettrico, geotermico, eolico e fotovoltaico e circa 17.000 stimate da biomassa, rifiuti e bioliquidi), il massimo mai raggiunto, in crescita ulteriore rispetto al 2013 (era circa il 39%).

Leader nel riciclo

Nel 2012, secondo i dati Eurostat, in Italia sono stati riciclati – avviati a recupero diverso da quello energetico e diverso dai riempimenti – oltre 53 milioni di tonnellate di rifiuti (esclusi i rifiuti minerali). In valore assoluto, l’Italia è il paese europeo con le maggiori quantità recuperate dopo la Germania. In termini procapite, l’Italia è fra i leader europei, con una quantità superiore non solo alla media europea, ma a quella di tutti gli altri grandi paesi. Questo elevato recupero più che da una eccezionale capacità di raccolta, dipende dalla specificità del sistema industriale che consente un elevato riciclo interno degli scarti e addirittura richiede – caso pressoché unico tra i paesi europei – una consistente importazione di materie seconde

(Duccio Bianchi, curatore con Edoardo Zanchini di “Ambiente Italia 2015”)

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