Cambiare l’Italia

Negli ultimi anni si è verificato un grande cambiamento nella società italiana, nei cittadini e nelle imprese: l’ambiente è diventato argomento centrale, importante, interessante. Volano di sviluppo per chi ha puntato con decisione sull’innovazione e sulla sostenibilità, elemento di coesione per tutti quelli che hanno cercato nuove forme del vivere civile. Tutto ciò ha determinato nuove forme di economia ed esperienze virtuose in tanti settori, senza però diventare mai sistema. Già, perché per fare sistema servono politiche adeguate e queste invece sono mancate e continuano a mancare. Il governo, pur avendo messo in campo alcuni provvedimenti positivi, non sta investendo in questa direzione e ha mancato alcune grandi occasioni. Il continuo rinvio del green act, che dovrebbe garantire proprio un processo d’innovazione verso l’economia low carbon, lo dimostra. Ma poi, c’è davvero un’alternativa credibile a un sistema economico a basse emissioni? Qualcuno può seriamente sostenere che il nostro paese ripartirà cementificando ulteriormente il territorio e costruendo nuove case mentre il settore delle costruzioni durante gli ultimi anni ha visto scomparire 800mila posti di lavoro? Oppure che converrà puntare sulle estrazioni di idrocarburi mentre le rinnovabili guadagnano sempre più spazio in tutto il mondo? E ancora, investendo su nuove strade e autostrade dopo il fallimento della Brebemi o sugli inceneritori per risolvere il problema dei rifiuti?

Sappiamo che l’Italia è tra i paesi europei più colpiti dalla crisi. Una crisi che ha fatto esplodere molti fattori di debolezza economica, sociale e istituzionale che erano latenti. Eppure, l’Italia ha la concreta possibilità di avviare una ripresa “ambientale” dell’economia e dei consumi. Perché nella fase di recessione gli elementi di efficienza e sostenibilità ambientali si sono irrobustiti. Su questo vorremmo misurare l’esecutivo guidato da Renzi, che invece, dal nostro punto di vista, sta perdendo l’occasione di trasformare la crisi in opportunità. Nonostante l’assenza di politiche esplicite e di adeguate scelte di governo, il paese reale ha saputo procedere nella direzione giusta. Le imprese e le famiglie hanno saputo gestire in maniera più efficiente le risorse, consumano meno energia e ne producono di più da fonti rinnovabili, praticando meglio la raccolta differenziata e trasformando stili di consumo in un senso più sostenibile. Una recente ricerca di Lifegate lo dimostra: la propensione all’acquisto di elettrodomestici ad alta efficienza o fonti luminose a led durante l’ultimo anno cresce di oltre 20 punti percentuali, mentre sale dal 12 al 22% la quota di coloro che adottano costantemente pratiche “green” come la differenziata, l’utilizzo prioritario di mezzi pubblici e l’acquisto di abiti in ecofibre. E ancora, l’85% del campione sostiene l’agricoltura biologica, l’83% gli investimenti nelle fonti rinnovabili a scapito dei combustibili fossili.

Ora però, per cogliere a pieno queste potenzialità, serve un’azione forte su fiscalità ambientale, città, bonifiche, energia, rifiuti, mobilità nuova, trasporti, dissesto idrogeologico, natura e turismo. Sono le proposte che Legambiente avanza da tempo – sintetizzate nelle dieci slide che trovate nel servizio – e che adesso rilanciamo per chiedere una virata concreta anche al ministro dell’Ambiente Galletti, per seguire la direzione indicata dalla Cop21 di Parigi. Le scelte che si potrebbero praticare subito, anche per cogliere la sfida del 50% da rinnovabili indicata proprio dal presidente del Consiglio durante la campagna referendaria contro le trivelle, sono almeno tre: cancellare il divieto d’immettere il biometano nella rete Snam, facendone così una reale alternativa al gas estratto nel nostro mare, liberare l’autoproduzione da fonti rinnovabili e la produzione e distribuzione locale da tutte quelle barriere e tasse che oggi impediscono quegli investimenti che sarebbero a costo zero per lo Stato. Infine, occorre approvare subito il decreto di incentivo per le rinnovabili non fotovoltaiche, perché da due anni gli investimenti sono bloccati. Prima va però modificata la bozza presentata dall’ex ministro Guidi, che prevedeva di premiare impianti non rinnovabili – come le mega centrali a biomasse e gli inceneritori – invece dell’eolico e delle altre vere rinnovabili integrate nei territori.

Questo esecutivo, del resto, quando ha voluto è riuscito a fornire risposte concrete. Abbiamo bisogno di altre iniziative legislative forti come è stato con la legge sugli ecoreati, che introducendo un anno fa i reati contro l’ambiente nel codice penale ha finalmente riconosciuto il legame profondo fra qualità ambientale e legalità nei processi economici. Così come abbiamo apprezzato il collegato ambientale, ad esempio con l’istituzione del fondo per la progettazione delle opere contro il dissesto idrogeologico e lo stanziamento di risorse per l’abbattimento degli edifici abusivi costruiti in zone a rischio. O ancora, l’istituzione dell’ecotassa sulle discariche che premia i Comuni più virtuosi, l’istituzione del mobility manager scolastico e il finanziamento per gli spostamenti casa scuola e casa lavoro. Tutti temi che hanno a che fare con lo sviluppo economico del paese, con la possibilità di creare filiere produttive e occupazione, di produrre più benessere per tutti nel momento stesso in cui garantiscono risposte ai bisogni dei cittadini in termini di sicurezza, salute e qualità della vita.

Su questo il governo Renzi deve assolutamente crescere perché dal boicottaggio delle rinnovabili allo “Sblocca Italia” non c’è stato nessun segnale di cambiamento: continuiamo a rincorrere il modello energetico legato alle fonti fossili senza un chiaro piano energetico nazionale, continuiamo a scegliere le grandi infrastrutture autostradali invece di puntare sulla mobilità collettiva. Da questo punto di vista il lavoro di Graziano Delrio al ministero delle Infrastrutture sul progetto “Grab” di Roma (il Grande raccordo anulare delle biciclette), sui fondi per il trasporto su ferro e sull’ecobonus per la riqualificazione dei condomini sono ottimi segnali di discontinuità. Anche l’approvazione in prima lettura della legge contro il consumo di suolo, che certamente andrà migliorata e integrata per dire “no” alle speculazioni e “sì” a un’edilizia rigenerativa centrata sull’innovazione, può diventare un ulteriore passo in una nuova direzione. Perché oggi nell’edilizia, nell’energia, nei trasporti, nei rifiuti come in agricoltura, è evidente che vi sia spazio solo per chi punta su innovazione e qualità ambientale. Il mondo è cambiato e se oggi possiamo trovare una bussola nella globalizzazione è proprio valorizzando quelle risorse, vocazioni e talenti che il mondo ci invidia, utilizzando la chiave del clima e degli adempimenti agli accordi di Parigi come opportunità per permettere a famiglie e imprese di ridurre consumi energetici e importazioni di fonti fossili. Ma perché tutto questo accada c’è bisogno di un governo che ci creda davvero e vada oltre gli slogan accompagnando il cambiamento con una chiara prospettiva d’investimenti e regole. Insomma, siamo convinti anche noi ambientalisti che l’Italia vada sbloccata, per farlo però bisogna aggredire i problemi reali. Non la si slocca riservando, come fa appunto lo “Slocca Italia”, il 53% della spesa a strade e autostrade o rilanciando le trivellazioni. In Italia il quadro sociale è in declino: crescono diseguaglianze, povertà, deprivazione culturale. Abbiamo il più basso tasso d’istruzione universitaria in Europa e una presenza di Neet (Not engaged in education, employment or training, ndr) fra i 15 e i 29 anni seconda soltanto alla Grecia e pari a tre volte la Germania.

C’è un filo verde che tiene insieme le nostre proposte: l’idea che per essere un paese capace di muovere intelligenze e investimenti bisogna conservare e valorizzare la bellezza. E saperne produrre di nuova. Quella bellezza che è la principale caratteristica che il mondo ci riconosce: le nostre città d’arte, i paesaggi, il made in Italy. Allo stesso tempo però, quello che noi proponiamo è un vero e proprio piano industriale centrato sull’eccellenza, la legalità e l’innovazione. Le tre chiavi per guardare con ottimismo al futuro.

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L’articolo è uscito sull’edizione cartacea de  “La Nuova Ecologia” di giugno

 

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